Il terribile naufragio di 10 anni fa provocò 368 morti accertati, una ventina di naufraghi furono dichiarati dispersi, mentre furono salvate altre 115 persone, tra cui una quarantina di minori. L'imbarcazione affondata era un peschereccio libico di circa 20 metri partito dal porto di Misurata con a bordo centinaia di migranti, in gran parte provenienti dall'Eritrea e dall'Etiopia. Il naufragio di Lampedusa viene classificato come una delle maggiori catastrofi navali avvenute nel Mar Mediterraneo dall'inizio del secolo. La causa del naufragio fu il blocco dei motori dell'imbarcazione a meno di un miglio dalle coste dell'isola; a quel punto un membro dell'equipaggio incendiò uno straccio provocando fumo che spaventò le centinaia di migranti. Lo spostamento dei passeggeri a bordo dell'imbarcazione provocò il ribaltamento del peschereccio che, dopo essere ruotato tre volte su se stesso, colò a picco. I soccorsi, su cui nel corso degli anni non mancarono le polemiche, si attivarono verso le 7 del mattino del 3 ottobre. Le operazioni di recupero durarono giorni, fino al 12 ottobre. Per il naufragio furono condannati nel 2015 Khaled Ben-salam, tunisino, comandante dell'imbarcazione, a 18 anni di carcere per omicidio colposo multiplo e, sempre nel 2015, il somalo Mouhamud Elmi Muhidin a 30 anni di carcere con l'accusa di essere uno dei trafficanti che organizzarono il viaggio.
Vito Fiorino, nato a Bari ma cresciuto a Milano (Sesto San Giovanni), è un falegname e pescatore per passione. Il 3 ottobre 2013 è stato soccorritore durante una delle terribili tragedie del nostro mare, a Lampedusa, dove si è trasferito ormai da molto tempo, trascorrendoci la maggior parte dell’anno. Fiorino era in rada in attesa dell’alba per uscire a pesca con sette suoi amici e si è trovato circondato da naufraghi che urlavano disperatamente chiedendo aiuto - “Quelle urla che salivano dall’acqua mi sembravano gabbiani, invece erano uomini”. I profughi erano in acqua da 4 ore, e da conoscitore del mare Fiorino sapeva che la situazione era drammatica; senza pensarci due volte, cominciò a issare a bordo con l’aiuto dell’amico quante più persone possibili, fino a rischiare il ribaltamento dell’imbarcazione. Dopo aver dato l’allarme alla Capitaneria di porto, riportò le 47 persone salvate sulla terra ferma (46 uomini e una donna), strappandole a morte certa. Ha ancora contatti con i migranti che ha soccorso, che oggi lo chiamano papà; ogni anno, durante l’anniversario della tragedia, i ragazzi eritrei da lui salvati (che vivono nel Nord Europa) tornano per salutarlo e commemorare insieme a lui. Questo episodio ha colpito profondamente Fiorino, che non ha mai smesso di lanciare appelli per un maggiore impegno delle istituzioni nella questione dei migranti.