Negli ultimi anni si stanno, fortunatamente, intensificando gli studi specialistici, e non solo, sulla complessa realtà dell'architettura castellare della nostra Provincia, relativamente al periodo medievale. L'Università di Salerno e i vari gruppi archeologici regionali e provinciali, di concerto con la Sovrintendenza , molto stanno facendo, così come numerose sono anche le nuove pubblicazioni del settore. Per la maggior parte dei casi si tratta comunque di studi riguardanti monumenti di una certa rilevanza (tra cui il castello Arechi di Salerno e quello di Mercato S. Severino) a discapito degli edifici cosiddetti “minori”, lasciati al loro inesorabile destino. Con questo articolo vorrei sensibilizzare proprio i vari operatori ad interessarsi maggiormente di questi singoli manufatti, non trascurando il contesto territoriale in cui essi sono inseriti, in particolare in quello che oggi chiameremmo il comprensorio di Acerno-Olevano-Eboli-Campagna, oggetto di questo articolo. I fortilizi erano legati, sin dalle origini, da un ben chiaro programma di militarizzazione e controllo del territorio in ambito medievale. Partendo dal Calore beneventano, attraverso il Varco delle Croci di Acerno, era possibile, sin dall'antichità, penetrare nella valle del Tusciano e nella fertile pianura del basso Sele fino al mare. Tale percorso, sin dal periodo longobardo, era costellato di numerosi castelli, riadattati in alcuni casi nel periodo normanno-svevo e angioino. La presenza di un così cospicuo numero di castelli non deve meravigliare, poiché, nel IX secolo, in seguito alla scissione del Ducato longobardo di Benevento, avutasi nell'849, i nuovi principi di Salerno predisposero una fitta rete di fortificazioni per controllare e difendere i principali accessi, i valichi, le vie di collegamento ed i corsi d'acqua del Principato, oltre naturalmente per la difesa dei centri abitati. Purtroppo di queste architetture militari è sopravvissuto ben poco rispetto alle consistenze originarie. In mancanza di una mappatura completa di tutti i castelli della provincia di Salerno (l'antico Principato) si è ricorso in questa sede alla moderna cartografia per l'individuazione dei manieri. I ruderi di molti fortilizi sono indicati, tra l'altro, nella cartografia I.G.M. al 25.000 e sono ben evidenti nelle viste ortofotografiche aeree. A nord di Acerno, oltre la Masseria Bosco , dove l'attuale S.S. 164 si biforca in direzione di Montella e Bagnoli Irpino, si trovano i ruderi di un castello, non meglio identificato, posto a quota 894 m/slm; probabilmente quello che E. Cuozzo rapporta al castello della Rotonda, conquistato da Roberto il Guiscardo nel 1076, durante la sua marcia su Salerno. Scendendo lungo la suddetta Statale si giunge ad Acerno dove si trovano i resti del castello, probabilmente di origini longobarde, della località Tempa. Proseguendo verso sud-ovest rispetto all'abitato, costeggiando il fiume Tusciano, si prosegue fino al castrum Olibani (697 m/slm) in linea con il complesso di S. Michele Arcangelo, meta, tra l'altro, di pellegrinaggi in Terrasanta all'epoca delle crociate - importanti manufatti civili e religiosi della zona settentrionale del cosiddetto locus Tuscianus longobardo. In posizione intermedia, tra il castello della Tempa e quello di Olevano, si trova la Castelluccia (di Acerno): un punto di controllo. Oltre ai castelli veri e propri il territorio era costellato di torricelle di avvistamento: v'è ne erano lungo il corso settentrionale del Tusciano e a Campagna, come testimoniano i vari toponimi ed i documenti dell'epoca. Proseguendo lungo i monti di S. Donato, in territorio ebolitano, si attraversavano gli antichi casali altomedievali di Monte e Padula prima di giungere ad Eboli con il relativo castello (divenuto Domus Imperialum con gli svevi); da qui, attraverso la via Campanina ci si inoltrava verso il castellum Campanie , protetto dal poderoso castrum . Tale castello, conosciuto con il nome “Gerione”, assunse una rilevante importanza sotto Federico II di Svevia, tanto da essere inserito tra i castra exempta del Regno. Ancora lungo la via Campanina, in zona pedemontana, si ergevano il castello de Pancia (territorio di Eboli) e quello de Alegisio , di cui ancor oggi si possono scorgere i resti nella valle Palmentara (Campagna). Nella stessa valle, a quota 720 m/slm, vi sono i ruderi dell'antico eremo di S. Giacomo (XII secolo). Da Campagna, risalendo il corso del Tenza, era possibile immettersi di nuovo attraverso i varchi del monte Polveracchio, in territorio di Acerno, e quindi ritornare al punto di partenza del nostro itinerario particolare. Tutti i castelli menzionati si presentano attualmente allo stato di rudere e versano in un grave stato di abbandono, il più delle volte sono inaccessibili per la fitta vegetazione e il pericolo costante di crolli. La fruizione di tali manufatti, che rappresentano un bene economico, oltre che un inestimabile valore storico-architettonico e culturale intrinseco, andrebbe sostenuta dalle varie amministrazioni locali: basterebbe una manutenzione ordinaria (poche migliaia di euro all'anno) e la messa in sicurezza delle parti strutturali in attesa di approfondite campagne di scavo archeologiche - purtroppo, ad oggi, manca addirittura una segnaletica di riferimento per eventuali incauti turisti. Il passaggio successivo dovrebbe essere il “riuso” di tali manufatti, magari inserendoli in un itinerario eno-gastronomico o una qualsiasi altra strategia che porti alla rivalutazione dei singoli edifici e dell'intero comprensorio ai fini turistico-culturali, quindi economici.
Campagna, 15/11/05