venerdì 22 novembre 2024     •  Login
 
   
 
   
   
   
 
 
     
 
    
Seleziona la lingua:Versione in italiano Versione in inglese
 
 
     
     
 
   Mons. Avila, la peste e le mummie

NELLA CRIPTA-CIMITERO DELLA CHIESA DI SAN BARTOLOMEO:

Mons. Avila, la peste e le mummie.


Mons. Giuseppe Maria Avila, romano, padre e Maestro domenicano, era il nipote del cardinale Datario Cecchini. Fu nominato Vescovo di Campagna e Satriano il 12 aprile 1649. Il suo governo fu difficilissimo e pieno di insidie. Anche la sua morte avvenne “ ex contagiosa  lue”.  Le conseguenze

della rivolta di Masaniello avevano coinvolto tutta la cittadinanza e vi furono a Campagna discordie, omicidi e stragi. Gli stessi familiari del Vescovo furono trucidati. La peste del 1656 e i tumulti popolari mantennero in crisi tutto il tempo della vita di Mons. Avila a Campagna.

In quella tristissima occasione fu dato fuoco all’archivio vescovile e furono distrutte tutte le carte relative ai processi. L’equilibrio sociale si dissolse per le innumerevoli vittime della peste e per la paura e lo scoraggiamento dei sopravvissuti. I fenomeni legati ai moti e all’epidemia furono lo spopolamento di alcune zone, la contrazione delle rendite per molti e il concentramento della ricchezza nelle mani di pochi, la recrudescenza del banditismo, lo scadimento della moralità pubblica insieme al notevole aumento del numero dei delitti. Il successore di Mons. Avila, il poliedrico vescovo Juan Caramuel y Lobkowitz, troverà un terreno pieno di pericoli e dovrà adoperare tutta la sua intelligenza e robustezza di volontà per non lasciarci le penne.

Nel cimitero-ossario della confraternita del Santissimo Nome di Dio, nel corso dei secoli, sono stati seppelliti tanti corpi, tra i quali alcuni morti di peste del 1656. Stranamente tra tutti gli scheletri si staglia proprio quello di Mons. Avila, i cui resti si conservano benissimo: i paramenti sacri appena scoloriti, i calzari, i bottoni, la cintura, il colletto bianco, la sottana violacea, il cappotto nero, tutti oggetti confezionati con materiale dell’epoca ancora ben visibili e di notevole valore etno-antropologico. Non ci troviamo nel regno delle piramidi, nel mistero delle mummie dei faraoni dell’antico Egitto, certo è che ogni volta che si scende nelle affascinanti “catacombe” di Campagna, tra fede, magia, credenze popolari e mistificazioni, i visitatori restano sempre stupiti.

                              

Carmine Granito