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   Il Convento dei Cappuccini in San Martino di Campagna, tra storia & polemiche! Riduci

Articolo pubblicato sul Saggio   II Convento dei Cappuccini in S. Martino di Campagna tra Storia e Recupero di Lucio Ganelli   Il profilo Istagram di Halloween nel monastero sconsacrato

Il Saggio (ottobre 1999)

 

Convento dei Cappuccini in S. Martino di Campagna tra Storia e Recupero di Lucio Ganelli

Finora sono state veramente poche e frammentarie le notizie sul "Convento dei Cappuccini" di Campagna. Mai nessuno aveva dedicato a quest'opera “minore” del tardo Cinquecento uno studio che ne mettesse insieme tutti i dati disponibili e ne fornisse gli spunti inerenti il recupero e la rifunzionalizzazione. A ciò ha pensato Lucio Ganelli, laureatosi in Architettura nel 1997 all'Ateneo di Napoli, con una delle prime Tesi Sperimentali proprio sul "recupero e rifunzionalizzazione come azienda agrituristica dell'ex Convento dei Cappuccini di Campagna". Il libro “Il Convento, dei Cappuccini in S. Martino tra Storia e Recupero” è il seguito naturale della tesi stessa. È stato presentato il 31 luglio scorso da G. Barra, fondatore e Direttore editoriale de “Il Saggio”, da M. Onesti, redattore de “Il Saggio", e da Padre Lucio Viscido del Convento dei Cappuccini di Eboli nella Chiesa della Confraternita del Monte dei Morti e della B.V. del Carmelo, dove si conserva, insieme ad altri arredi sacri, l'altare maggiore, in marmo policromo. della Chiesa dei Cappuccini in S. Martino, rifatto nel 1763 dal maestro Ludovico da Sicignano. Si tratta di una pubblicazione di circa 160 pagine tra testi (68), documenti (74) e foto (13), scritto da un giovane architetto, che, secondo l'autore della prefazione, il giornalista Geremia Paraggio, "scrive di storia con mano felice, riuscendo a tener desta l'attenzione del lettore, perché egli racconta senza tediare, da accattivante affabulatore”. Il lavoro è non solo un ulteriore compendio alla già copiosa letteratura sulla Città di Campagna, ma anche il tentativo di un approccio nuovo nei confronti dei beni architettonici. Mai nessuno aveva dedicato a quest'opera uno studio che ne mettesse insieme tutti i dati disponibili e ne fornisse, considerate struttura e ubicazione, vocazione del territorio e richieste della popolazione, gli spunti inerenti il recupero dell’esistente, il ripristino dell'antica conformazione tipologica e la rifunzionalizzazione come azienda agrituristica (attenendosi il più possibile alle originarie destinazioni funzionali degli ambienti). Tale scelta si ricollega alle tradizioni stesse della civiltà contadina, la cui economia è basata essenzialmente sull'agricoltura. Inoltre, attraverso di essa si può contribuire a valorizzare, a fini turistici, una zona particolarmente interessante dal punto di vista paesaggistico, collocata com'è all'interno del Parco Regionale dei Monti Picentini ed in prossimità delle Oasi Naturali del WWF, a rilanciare l'economia locale, "offrendo l'esempio di come sia possibile gestire e coniugare delle grandi risorse naturali, artistiche e culturali, tramutandole in forme di reddito, e a recuperare e riqualificare un'opera di architettura di particolare interesse, abbandonata per troppo tempo al suo destino ed arrivata fino a noi in “avanzato stato di degrado".
L’intero manufatto colpisce più per la posizione orografica che per le qualità architettoniche. Posto lungo l'antica strada "Ariana", che versa "a strapiombo sul corso del fiume Tenza", si adatta perfettamente al digradare della collina, facendo così mirabilmente inserire la mano dell'uomo nella natura circostante in un "continuum" spaziale ed in una simbiosi con il paesaggio, che ne fanno uno dei principali interessi di questo monumento, che si "adagia, alle falde di una collina, sulle ultime propaggini dei Monti Picentini, ricche di ulivi, che si affacciano, in una posizione ottimale per il soleggiamento, per la salubrità e per il panorama", sulla Piana del Sele. Il suolo edificatorio e dell'ameno orto fu acquistato dal Canonico della Collegiale don Antonio Porcelli, che poi li offrì ai Frati Cappuccini. Espletate le pratiche, nell’aprile del 1575 si diede inizio, a spese dei campagnesi, ai lavori di costruzione. Fu realizzato un Convento molto semplice, di due piani, con 26 cellette (diventate 34 nel secolo XIX), oltre alle stanze della comunità, comprese le aule scolastiche e la biblioteca. L'intero complesso consisteva in un giardino, una chiesa, un convento ed un sepolcreto.
La Chiesa, che non presenta una facciata dal particolare interesse architettonico, è a "pianta rettangolare allungata, a navata unica, con sei cappelle laterali, tre a sinistra e tre a destra". Completano un ambiente voltato a padiglione dietro l’abside, alcuni locali sotterranei, un tempo adibiti a sepolcreto, ed un corridoio, posto al di sopra dell'ingresso principale, collegato con il campanile a vela (crollato). Più complessa è la descrizione del chiostro e dei locali della comunità, che si sviluppavano su due piani, ad una quota maggiore rispetto alla Chiesa. L'accesso al Convento si apre con un portale in pietra ad occidente ed affianca la facciata della Chiesa. Interessante poi è la parte del sepolcreto, un'originale struttura di locali con altezza media di circa 5 m., realizzati con “sistema a volta”, accessibili dall’ingresso sul lato ovest, ad un livello inferiore rispetto alla Chiesa. Tali locali presentano numerose botole, che si aprono sul terrazzo alle spalle della sacrestia. La muratura verso valle, che si eleva delimitando il piano di copertura dei locali, segna fortemente l’immagine del Convento, sia per la consistenza che per la serie ritmata dei 22 archi. Soppresso nel 1811, riaperto nell'epoca della Restaurazione, soppresso di nuovo nel 1866, con riapertura temporanea nel 1873 e chiusura definitiva nel 1900, il Convento ormai non era più riconosciuto dagli stessi Superiori dell'Ordine. Si pensò allora di adattarlo ad Ospedale Civile, ma la distanza dal centro abitato e l'angustia dei locali fece saltare il progetto. Fu poi adibito a ricovero di mendicità e lazzaretto per gli infetti, durante l'epidemia di vaiolo negli anni 20. In una nota del 13 marzo 1948 il Delegato Vescovile don Alberto Gibboni scriveva: "Legalmente e vandalicamente smantellato nel 1935-36 dagli amministratori comunali, oggi è un cumulo di macerie". Negli anni '70 furono eseguiti alcuni lavori di contenimento del terreno, con la realizzazione di un muro in pietrame ingabbiato, fu spostata la Croce antistante l'ingresso della Chiesa e furono demolite delle parti pericolanti ed alcuni resti della copertura nella zona orientale. Negli anni '70 ci fu anche chi pensò, senza riuscirci, di farne un teatro all'aperto. Nel dopo terremoto, poi, con la “Legge 64” si è intravista, all’inizio, qualche speranza per un suo possibile recupero come Centro di Cultura Tecnologica, ma a tutt'oggi tutto tace. C'è solo da augurarsi che questo servizio non sia stato scritto invano, considerato che quanto pure si è proposto in passato, anche recentissimo, è caduto purtroppo nel vuoto più assoluto!

Radio MPA Ascolta Carmine Granito: Cronache di Campagna

Ascolta "Carmine Granito: Cronache di Campagna" su Spreaker.

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